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MARIANO FORTUNY

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Figlio di Mariano Fortuny y Marsal (1838-1874) – pittore di fama internazionale e collezionista di ceramiche ispano-moresche, armature di ogni epoca, abiti e tessuti di foggia orientale, tappeti preziosissimi – e di Cecilia de Madrazo (1846-1932), discendente di un’importante famiglia di pittori, architetti e critici d’arte spagnoli, Mariano Fortuny trascorse l’infanzia e l’adolescenza tra Parigi e Venezia, dove si trasferì definitivamente nel 1889. Nei primi anni del soggiorno veneziano gli interessi artistici di Fortuny si estesero dalla pittura al teatro. Eseguì i bozzetti per le scene e i costumi della tragedia Francesca da Rimini di Gabriele D’Annunzio, conosciuto nel 1894; progettò e sperimentò un nuovo sistema di illuminazione indiretta per il teatro brevettato nel 1900; costruì laCupola Fortuny, brevettata nel 1904, l’apparato scenico che consentiva di concentrare la luce sulla scena e di controllarne e regolarne facilmente la diffusione.

A Parigi, il suo studio era frequentato da numerosi artisti del teatro. Nel 1906, l’inaugurazione di un teatro parigino alla cui ristrutturazione Fortuny aveva partecipato sin dalla fase progettuale, segnò una svolta nel suo percorso professionale. Per la prima volta vide applicate le sue invenzioni e, per l’occasione, egli disegnò anche i costumi di scena: grandi scialli in seta stampata, poi divenuti famosi con il nome di Knossos, che venivano drappeggiati sul corpo. Ornati da motivi vegetali e geometrici tratti dalle decorazioni parietali dell’arte cretese, essi erano testimonianza della rinnovata attenzione per il passato che si andava imponendo nel gusto dell’epoca. A Parigi frequentò anche il laboratorio avviato e finanziato da Paul Poiret – dove, con la collaborazione di alcuni chimici esperti di coloranti, furono perfezionati procedimenti tecnici di stampa dei tessuti –, un’esperienza che lo indusse a condurre a sua volta esperimenti sulla stampa e la colorazione delle stoffe. Abbandonata la stampa mediante matrici di legno – una tecnica relativamente semplice ma poco promettente dal punto di vista commerciale, e che per di più limitava la libertà di espressione – si impadronì della ben più complessa tecnica dei pochoirs giapponesi (katagami), che modificò in funzione del suo sfruttamento su scala industriale. Brevettata a Parigi nel 1910, la tecnica inventata da Fortuny – l’unione di un processo di stampa simile alla serigrafia con il meccanismo della banda continua – riduceva sensibilmente i costi della stampa rispetto ai procedimenti coevi e consentiva la ripetizione dei pattern figurativi su tessuti di grandi dimensioni. Nel volgere di pochi anni la produzione del laboratorio veneziano di Palazzo Orfei crebbe considerevolmente giungendo ad impiegare, alla vigilia della Prima guerra mondiale, oltre un centinaio di lavoranti.

La creazione di tessuti e di abiti, ai quali ancora oggi Fortuny deve la propria fama, era espressione del clima di rinnovamento complessivo delle arti – ispirato al movimento Art Nouveau e più in particolare, per quanto riguarda la moda, allo stile Reform inglese –, che si proponeva di restituire alle arti minori e applicate un ruolo di primo piano nella trasformazione della società. La nuova temperie culturale investì anche il teatro e il balletto. Attrici e ballerine del calibro di Isadora Duncan, Ruth St. Denis, Eleonora Duse, Sarah Bernhardt, Emma Grammatica indossavano sulla scena e nella vita privata gli abiti di Fortuny, che si servì della loro notorietà per far conoscere il proprio stile e imporlo sul mercato europeo. All’Esposizione delle Arti decorative di Parigi, svoltasi nel 1911, Fortuny presentò un vastissimo campionario della sua produzione tessile, che gli valse una rinnovata fama internazionale, tanto che alla manifestazione parigina fecero seguito, nel 1913, l’apertura di un nuovo atelier a Parigi in Champs Elysées e di uno a Londra in Bond Street, e una rassegna espositiva delle sue stoffe organizzata a New York presso la Galleria Carroll nel 1914.

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Il primo conflitto mondiale segnò una battuta d’arresto nella crescita della produzione di tessuti di Fortuny, che dovettero attendere la cessazione delle ostilità per vedere definitivamente decretato il proprio successo. Decisivo nell’imprimere nuovo impulso all’attività produttiva all’indomani della guerra fu il trasferimento dell’attività nella fabbrica alla Giudecca di proprietà dell’industriale Gian Carlo Stucky – poi ceduta per un controvalore di 700.000 lire alla Società Anonima Fortuny, costituita nel 1923 –, dove fu avviata la produzione di cotoni stampati per l’arredamento che imitavano perfettamente i broccati di seta. I tessuti Fortuny, oltre ad essere impiegati nella confezione di costumi e nella realizzazione degli allestimenti di numerosi spettacoli teatrali, decoravano case patrizie e grandi alberghi, chiese e sale d’esposizione. Presentate alle più importanti rassegne nazionali e internazionali, le stoffe uscite dalla fabbrica della Giudecca ricevettero prestigiosi riconoscimenti, fra cui il Diplome de Grand Prix, rilasciato dalla giuria della Esposizione internazionale di Arti decorative e industriali, svoltasi a Parigi nel 1925.

Nel 1927, la decoratrice d’interni americana Elsie McNeill, dopo aver visitato il Museo Carnevalet di Parigi e scoperto la bellezza dei tessuti Fortuny, che ne rivestivano le sale, decise di partire alla volta di Venezia per conoscere Mariano e convincerlo ad affidarle i diritti esclusivi sulle vendite dei suoi prodotti negli Stati Uniti. In quello stesso anno fu così aperto a New York un punto vendita di stoffe Fortuny al 509 di Madison Avenue in collaborazione con Arthur Humprey Lee, noto rivenditore all’ingrosso di tessuti. Le prospettive di conquista del mercato d’oltreoceano, che la rivista «Vogue» aveva alimentato sin dal 1923, dedicando un articolo agli abiti di Fortuny, furono bruscamente ridimensionate dalla grave crisi economica mondiale del 1929. Nel corso degli anni Trenta le vendite all’estero diminuirono e nuove difficoltà insorsero con l’introduzione dei divieti all’importazione di sete, velluti e cotoni, decretati in osservanza ai dettami autarchici che gettarono l’impresa in una grave crisi. La Società Anonima Fortuny cessò di esistere nel 1951, quando la fabbrica della Giudecca fu conferita alla società per azioni Tessuti Artistici Fortuny, fondata da Elsie McNeill, che la moglie di Fortuny, Henriette, convinse a proseguire l’attività intrapresa dal marito. All’inizio degli anni Cinquanta, la fabbrica produceva soprattutto cotoni stampati. L’amore della contessa americana per il lavoro di Fortuny fece sì che egli diventasse sempre più famoso in America, dove i più importanti musei, fra cui il Metropolitan Museum di New York e il County Museum di Los Angeles, inserirono le stoffe e i vestiti Fortuny nelle loro collezioni.


  • Da Archivi della moda del '900

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